C’è un negozio a Berlino, anche se forse la semplice denominazione di negozio non gli si addice completamente (visto che somiglia di più ad un magazzino), dove vengono tenuti in bella vista e venduti (prevalentemente online) centinaia di articoli per BDSM. Non è il solo punto vendita della città di articoli per BDSM naturalmente, ma è il primo dove mi hanno portata. È un posto molto spartano, vi si accede da un grande portone bianco di metallo che dà su una strada secondaria del quartiere di Neukölln, non lontano dalla fermata della metropolitana. Per arrivarci però bisogna sapere dov’è, dal momento che non è visibile dalla strada e non ci sono grandi insegne sul portone tranne un piccolo cartello nero con la scritta rossa posto in alto, ad almeno due metri e mezzo. Ma anche una volta attraversata quella soglia bisogna comunque passare attraverso due cortili comunicanti, finché, arrivati in fondo, ecco che una grande insegna e vari cartelli con foto di giovani e belle ragazze nude che posano in maniera provocante con fruste e collari in pelle in bella vista segnalano di essere arrivati a destinazione. Nello stesso cortile c’è anche un piccolo club di nome BDSM Lounge e una specie di servizio camere ad ore, camere e club naturalmente addobbati in puro stile sadomaso. Mi ci hanno portata in quel posto, si, come vuole la tradizione, mi ci hanno portata per la prima volta a fare le cosacce sui divanetti in pelle nera del piccolo club, le cui pareti rosse e nere sono adornate da catene e qualche specchio, dove il bancone del bar ha di fronte una vetrina contente dildi di varie misure, pinze per capezzoli ed una piccola sex machine e dove le persone si incontrano anche solo per bere qualcosa e parlare, mentre magari qualcuno accanto a loro viene legato, frustato o appeso in sospensione tramite corde ad uno dei ganci pendenti dal soffitto, o magari preso a schiaffi nel sedere, magari con una paletta di legno traforato. C’è anche un piano sopraelevato in quel club, al quale si accede tramite una piccola scala, dove è possibile trovare una gogna, un materasso gonfiabile, una gabbia ed altri strumenti di tortura; inoltre quel piano ospita anche un piccolo gabinetto medical, per chi ama giocare al dottore. Tutto il complesso ha un unico proprietario, ed è chiamato Fetish Hof (Cortile Fetish). Fatto sta che dopo aver frequentato piuttosto spesso quel piccolo club, i suoi divanetti ed il suo materasso gonfiabile assieme a quel primo accompagnatore cominciai a frequentare anche il negozio, alla ricerca di possibili strumenti che potessero ampliare le mie possibilità di gioco anche con altri partner. Comprai dapprima un flogger di pelle nera (un frustino composto da delle strisce di pelle tagliate abbastanza lunghe e tenute assieme da un manico), poi delle pinze dentate per capezzoli, un anal plug di silicone (sempre nero, ci tengo a seguire uno stile) e via via altri attrezzi come la rotella di Wartenberg (strumento composto da un manico di acciaio che regge una piccola rotella dentata, a volte anche più di una) o una paletta per spanking (lo spanking è l’arte della sculacciata), finché un giorno la mia attenzione si posò su una serie di strap-on messi in bella vista vicino alla cassa (lo strap-on è un dildo montato su una imbracatura che permette di indossarlo e renderlo stabile per poterlo usare come appendice del proprio corpo). Non erano molti, tre o quattro forse, ma quello che mi colpì fu l’accessibilità del prezzo, e né la fattura né la forma sembravano risentirne. Ne presi in mano uno, tirandolo fuori dalla scatola e me ne innamorai subito. Malgrado però l’accessibilità del prezzo non lo comprai, decisi che quella sarebbe dovuta essere la spesa extra per gli accessori del mese successivo. Ma ci ripensavo spesso a quello strap-on, a quella scatola, con l’immagine di una bionda selvaggia che ne indossava uno e alla sensazione tattile che ricevetti quando lo presi in mano la prima volta. E gelosamente pensavo che magari nel frattempo qualcun altro se ne sarebbe potuto innamorare, qualcuno magari con più disponibilità economiche di me che non ci avrebbe pensato due volte prima di portarselo a casa sotto braccio, in attesa di mille nuove piccanti avventure. Una volta tornai anche nel negozio al Fetish Hof, accompagnavo un amico a cercare un anal plug, e lo vidi ancora lì, ancora imbustato nella scatola con la bionda stampata sopra, tette al vento e strap-on al pube. E sotto sotto speravo che fosse arrivato il momento nel quale avrei finalmente avuto la possibilità di appropriarmene debitamente. Finché un bel giorno, credo fossero passati un paio di mesi, con un po’ più di soldi del solito in tasca decisi di andare a sincerarmi della presenza o meno di quel tanto desiderato oggetto al Fetish Hof. Con mio grande gaudio, appena entrata, lo vidi ancora appoggiato lì, al lato della cassa, e senza troppo tergiversare mi diressi verso quella scatola, la presi simulando una vaga innocenza e la poggiai direttamente sul bancone, senza pensarci due volte. La donna alla cassa, una gioviale signora sulla cinquantina sempre sorridente che non parlava una parola di inglese mi disse qualcosa in tedesco ridacchiando, io annuii tirando fuori il portafoglio e infilando la scatola dello strap-on nello zaino. Pagai, e scivolai fuori con aria di trionfo. Ne seguirono esplorazioni e sperimentazioni solitarie, durante le quali studiai con attenzione ogni singola parte, ogni movimento possibile, la resistenza e le possibili applicazioni dello strumento. Poi venne la volta delle sperimentazioni con i soffici e delicati pertugi altrui, al tempo frequentavo un uomo masochista over 45 decisamente ancorato alla sua fase anale, e se fino ad allora le nostre esplorazioni erano basate su giochi con plugs e mani rivestite da guanti di lattice nero (sempre per tener fede al mio stile fondamentalmente dark) era venuto invece il momento di passare a qualcosa di più incisivo e penetrante. Ed i risultati furono molto interessanti, tanto che cominciò a crescere in me il desiderio di praticare quell’arte molto più frequentemente. La soddisfazione più grande per me arrivò qualche tempo dopo, ero partita assieme ad un gruppo di amici per un ritiro sex-positive nell’entroterra polacco, in una stupenda enorme casa che per quel periodo, un paio di settimane, sarebbe stata completamente a disposizione nostra e dei nostri desideri più nascosti. Portai alcuni dei miei strumenti con me, le corde naturalmente, la paletta da spanking e lui, il mio black harnessed (si, nero anche lui) plastic penis. Il ritiro fu stupendo, oltre ai miei amici conobbi sul posto anche altre persone che erano arrivate da diverse città per convolare verso la condivisione di quella esperienza così a tratti estrema e particolare. Tra loro c’era una ragazza più giovane di me, ma anche più alta, e più in carne, gentile, disponibile, educata e rispettosa, con la quale scoprii ben presto essere un piacere anche semplicemente parlare e condividere pensieri ed impressioni, nonché qualche racconto delle nostre vite passate e di come fossimo arrivate a vivere quella vita. Condividemmo due o tre partner durante il soggiorno, uno dei quali era stato il suo ragazzo in passato. La cosa non sembrò intaccare minimamente il rapporto che si era instaurato tra noi, ne parlammo liberamente davanti al fuoco del camino in uno dei giorni nei quali fuori stava nevicando, raccontandoci con estrema sincerità come stavano le cose. I giorni passarono, io avevo già sfoggiato il mio black harnessed plastic penis a tutti almeno un paio di volte durante le piccole festicciole che erano state organizzate spontaneamente, ma l’uso che ne avevo fatto era stato limitato, soltanto per costringere uno dei partecipanti al ritiro alla sottomissione attraverso l’umiliazione di doverlo prendere completamente in bocca, mentre lo stavo dominando assieme ad un’altra stupenda Mistress piena di idee geniali. Durante uno degli ultimi party la ragazza con la quale avevo legato durante il ritiro mi chiese di poter vedere da vicino il mio fallo di plastica nera, incuriosita dall’atteggiamento con cui lo avevo indossato. Eh si perché indossare uno strap-on ti cambia la postura, la camminata, l’atteggiamento, cambia completamente tutto, anche il modo di guardarti intorno e di adocchiare le possibili “prede”. Glielo porsi, lei lo prese in mano, ne testò la consistenza, la texture venosa della superficie, poi fece per ridarmelo. Io la invitai invece ad indossarlo. Sorpresa, ma sotto sotto felice, mi chiese di aiutarla, cosa che feci ben volentieri, ed una volta indossato stava benissimo, le donava davvero molto, era come se si fosse sentita subito a suo agio. Mi chiese di poterlo tenere per una sessione di play fight che stava per cominciare, ma fui troppo spaventata dal fatto che potesse essere danneggiato durante quella “lotta” selvaggia, per cui le dissi di no. Le dispiacque, ma capì. Passò poco tempo dalla sessione di play fight e ci ritrovammo assieme ad un’altra donna ed al suo compagno seduti ad uno dei tavoli del refettorio, dapprima a bere qualche bicchiere di vino, poi cominciammo lentamente (un po’ brilli a dire la verità) à giocare assieme. Fu una delle poche volte durante le quali mi lasciai andare nel ruolo di “ricevente”, lasciai che mi legassero i polsi ad una delle colonne della grande sala principale, che mi frustassero, lasciai che mi toccassero le tette, che mi annusassero, facessero il solletico, che mi sdraiassero di forza su di un materasso e poi cominciassero a togliermi gli ultimi indumenti rimasti, per poi cospargermi d’olio ed iniziare a massaggiarmi. Ed eccomi lì, tre donne ed un uomo, io coi polsi legati nuda sdraiata su di un materasso cosparsa d’olio da massaggio e i restanti partecipanti al gioco che mi scivolavano addosso, con le mani, i gomiti, i piedi, finché l’altra donna cominciò a toccarmi nelle parti intime, tra le gambe, fin dentro le labbra per poi scivolare di nuovo fuori e titillarmi il clitoride. Che sensazione…essere toccata da una donna è completamente diverso dall’essere toccata da un uomo, sembra scontato e banale ma…è così. La cosa sfumò in un profondo massaggio lì per lì senza alcun “happy ending”, lasciandomi però alla fine piuttosto desiderosa di esternare la mia particolare eccitazione. La mia amica notò questa cosa e mi chiese se avesse potuto fare qualcosa per me. Naturalmente le dissi di si e le chiesi di prendere il mio strap-on dalla borsa, io ancora grondavo d’olio per metterci le mani dentro senza inzaccherare ogni cosa, le chiesi di indossarlo e di usarlo su di me, senza mezzi termini. Sul momento non sembrò molto convinta, poi invece si alzò dal bordo del materasso sul quale ancora ero sdraiata nuda e unta e si diresse verso la mia borsa di pelle rossa, quella dove sono solita tenere gli attrezzi, e lo prese. Indossarlo stavolta non le fu difficile ed un un attimo era sopra di me che cercava di muoversi assieme a quella parte nuova di sé per allargarmi le gambe e penetrarmi. I suoi movimenti erano fluidi, morbidi ma decisi, sembrava piuttosto a suo agio nel brandire quella nuova estensione del suo corpo, sembrava addirittura più a suo agio di alcuni uomini con i quali avevo avuto a che fare durante la mia vita. Il che mi stupì profondamente. Ad un certo punto però le chiesi se potesse sdraiarsi, così da darmi la possibilità sedermi sopra di lei, per me (come credo per molte) la classica posizione del missionario è piacevole fino ad un certo punto, poi diventa più che noiosa e inconcludente. Si sdraiò al posto mio, era nuda anche lei e quel fallo le donava tantissimo. Non ci misi molto a prendere le misure e a sedermi con piacere su quel pezzo di plastica che ora era animato dalla forza vitale di una giovane donna desiderosa di possedere, anche per poco, un tale strumento di piacere e di usarlo con generosità. Sentii la mia carne scivolare su quella plastica nerboruta e rigida, complice l’olio da massaggio con il quale ero stata debitamente stimolata poc’anzi, il che mi diede una forte gamma di sensazioni nell’arco di pochi istanti. La mia dolcissima amica da sotto continuava a spingere morbidamente verso di me col bacino, cosa che mi dava la possibilità di andarle incontro col mio peso per far arrivare il nostro black plastic harnessed friend fin dove potesse arrivare, finché una piccola scintilla nata nella profondità del mio grembo cominciò a crescere di intensità, mentre cavalcavo sempre più velocemente quella deliziosa cavalcatura, cominciò ad espandersi e a riempirmi di intenso calore tutto il ventre, ed inarcando la schiena risalì per tutto il petto, fino in gola, per esplodere in un gemito sinuoso che percorse lo spazio della grande sala per intero, riempiendo le orecchie dei presenti, impegnati a loro volta nei loro giochi. Si, perché nel frattempo tutti gli altri partecipanti al ritiro stavano facendo più o meno quello che stavamo facendo noi nella stessa sala, divertirsi e condividere qualcosa di molto eccitante. Fu davvero bello, gratificante, intenso. Dopo quella enorme scarica energetica che aveva attraversato il mio corpo per intero mi sdraiai per un attimo sul corpo della mia amica, il mio seno andò a posarsi sul suo, il respiro ancora affannoso faceva in modo che mi alzassi e abbassassi come una barca che scivola sulle onde. Ci abbracciamo, la sensazione di essere stretta al petto di un’altra donna mi restituì una vibrazione gioiosa ed accogliente. Ci guardammo e scoppiammo a ridere, io le chiesi come si era trovata a brandire quel fallo imbragato di plastica e lei mi rispose che la cosa aveva acceso un qualcosa dentro di lei, che le aveva rivelato una passione fino ad allora sopita o nascosta. Mi disse che ne avrebbe voluto comprare uno per sé ma che non aveva con chi praticare nella sua città (purtroppo al momento abitiamo in due Stati diversi), il consiglio che le diedi fu di comprarne uno intanto, ché i pretendenti sarebbero arrivati di conseguenza. Tempo dopo, tornate nelle rispettive città, mi scrisse dicendo che aveva fatto un ordine presso uno shop online, mandandomi la foto di quello che aveva comprato. E c’era molto di più di un semplice strap-on, c’era una imbracatura con due falli di ricambio e un anal plug, ed una foto di lei mentre indossava un altro black harnessed plastic penis molto simile al mio. Che soddisfazione. Abbiamo appuntamento la prossima estate per vederci ad un festival, le ho chiesto naturalmente di portare i suoi nuovi giocattoli. Non vedo l’ora.
